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Pillola RU486: evviva la libertà Stampa E-mail

E’ il calo più sen­sibile degli ultimi undici an­ni. Il 4,1 in meno di gravidan­ze interrotte ogni mille don­ne rispetto al 2007, il 48,3 ri­spetto al 1982. Significa che in 5.150 in Italia hanno deci­so di non rinunciare a diven­tare madri. Solo nel 2004 la percentuale era stata supe­riore, il 4,5. Ecco i dati dell’ultimo rapporto sull’aborto presentato al Par­lamento.

Gli effetti della legge introdotta nel ’78 continua­no ad essere positivi. Il calo dei tassi di abortività è evi­dente in ogni fascia di popo­lazione, comprese le mino­renni con un tasso del 4,8 per milla nel 2007 (-1,0 ri­spetto al precedente rileva­mento). Due i punti deboli, innanzitutto il fenomeno, in crescita, del­l’obiezione di coscienza  - i ginecologi che chiedono di essere solle­vati dei servizi ospedalieri per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sono passati dal 58% del 2005 al 70% del 2007, e il boom delle donne immigrate che si com­portano in controtendenza rispetto alle italiane - nelle comunità straniere infatti il tasso è salito al 32 per mil­le, prime utenti dei servizi le donne dell’Est dove l’aborto è considerato una forma di contraccezione.

E in Italia c’è un pri­mato importante, anche se la Chiesa sembra dimenticarsene nei momenti più opportuni: i tassi di abor­tività sono tra i più bassi d’Europa.

E oggi la pillola Ru486 arriva anche nel nostro paese. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio nel nostro Paese del farmaco già commercializzato in diverse altre Nazioni. La Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Nelle disposizioni c'è un richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all'utilizzo in ambito ospedaliero. È stato raccomandato di utilizzare il farmaco entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana.

“Il via libera dell'Agenzia del farmaco alla pillola Ru486 è una vittoria per le donne, per la scienza e per la laicità del nostro paese – dichiara Valeria Ajovalasit, Presidente Nazionale Arcidonna –  non si tratta di una ‘banalizzazione dell’aborto’, ma di uno strumento per tutelare il corpo delle donne. Mi chiedo come mai le gerarchie ecclesiastiche siano pronte a scomunicare le donne che ne faranno uso, mentre per altre e realmente gravi azioni non abbiano detto una parola. Come per le ben note vicende del nostro presidente del Consiglio.

31 luglio 2009 

 
Palpeggiare in ufficio? Senza libido si può. Arcidonna: sentenza inaccettabile Stampa E-mail
Toccava le colleghe di lavoro, in maniera scherzosa, senza intenti libidinosi. Per questo la Cassazione ne ha confermato l'assoluzione. Kadri O., denunciato da una collega, era stato assolto in appello dall'accusa di violenza sessuale per la quale, in primo grado, era stato condannato ad un anno e due mesi di reclusione. Tuttavia dalle testimonianze era emerso che nel comportamento dell'extracomunitario non era ravvisabile alcuna ''ebbrezza sessuale''. Contro l'assoluzione di Kadri O. e' stata la Procura generale della Corte d'Appello di Bologna a fare ricorso in Cassazione per chiedere il ripristino della condanna inflitta in primo grado, il 17 maggio '99 dal Tribunale di Ferrara. Ma il reclamo non ha avuto successo.

È una sentenza inaccettabile e inquietante – dichiara Valeria Ajovalasit, Presidente nazionale Arcidonna – per il messaggio che dà,. Non solo non tiene inemmeno in considerazione il diritto delle donne a non essere disturbate con tali “gesti di cattivo gusto”, ancor peggiori sono il cattivo esempio e la libertà che tale sentenza consegna agli uomini, relegando le donne al ruolo di  oggetto su cui è possibile  mettere le mani a proprio piacimento, purchè “senza libido”. Se nel nostro Paese possono avere spazio sentenze di tale fatta - continua Valeria Ajovalasit - la strada per la affermazione dei diritti delle donne, nonostante leggi apparentemente dure contro i trasgressori, è ancora molto, molto lunga. Basta una sentenza a cancellare anni di battaglie? Che amarezza. 

 
Premio Alfonso Brignola alle migliori tesi su Ambiente, Paesaggio, Diritti. Scadenza bando 20 ottobre 2009. Stampa E-mail

L'Associazione di Teoria, Storia e Sociologia delle Istituzioni Giuridiche’ (ATSSIG), d’intesa con la rivista ‘Teoria e storia del diritto privato’, bandisce il Primo premio ‘Francesco Alfonso Brignola’ e il Primo premio ‘Rotary per l’Ambiente’ per le migliori tesi di laurea su tematiche attinenti a ‘Ambiente, paesaggio e diritti dei singoli’.

L’iniziativa, sostenuta da Silvana Ferraiolo Brignola e dal Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati, è intesa a valorizzare l’impegno di giovani studiosi italiani che, nell’elaborazione della loro tesi di laurea, abbiano dato prova di particolare perizia e sensibilità nella segnalazione dei profili giuridici, storici e sociologici della tutela dell’ambiente e del paesaggio, dedicando particolare attenzione alla ricaduta sui soggetti privati dei disastri ambientali, della cattiva gestione delle risorse, del degrado paesaggistico e dell’ecosistema marino e fluviale, con conseguenti danni da lesione ai diritti alla salute e all’ambiente salubre, diritti che non solo il nostro ordinamento giuridico (arg. ex artt. 2 e 3 Cost., artt. 844, 2043, 2059 c.c., art. 700 c.p.c.), ma anche numerose fonti normative europee riconoscono a tutte le persone.

La domanda corredata dalla tesi dovrà pervenire entro e non oltre il 20 ottobre 2009, alla Segreteria del Premio, presso la Redazione della rivista ‘Teoria e storia del diritto privato’ (prof. Laura Solidoro, via R. Morghen n. 181, 80129 Napoli). Le documentazioni presentate non saranno restituite.


Consulta il bando

 
MARRAKECH: PRIMO SINDACO DONNA Stampa E-mail

RABAT - «Non ho la bacchetta magica, ma certamente a differenza di quanto avvenuto in passato cercherò di ascoltare e dare risposte alle richieste dei miei cittadini». È con queste parole, riprese dal giornale arabo 'al-Hayat', che Fatima al-Mansouri, avvocato, si è presentata come sindaco di Marrakech nella sua prima intervista. La politica marocchina si è appena insediata come sindaco di una delle più importanti città del Paese, ottenendo in consiglio comunale 54 voti contro i 33 conquistati dal rivale, il sindaco uscente Omar al-Jazuli dell'Unione costituzionale.

LE DONNE - La novità di queste ultime elezioni comunali, svoltesi lo scorso 12 giugno, è quindi l'elezione per la prima volta di un sindaco donna. Sin dalla presentazione delle liste era evidente che le donne sarebbero state protagoniste di questa tornata elettorale se si considera che sono stati eletti più di tremila consiglieri comunali donna.

"Dopo le europee - dichiara Valeria Ajovalasit, Presidente Nazionale Arcidonna - in cui l'Italia perde ulteriormente posizione nella classifica europea per numero di donne elette, arriva una lezione di democrazia dal Marocco; più di tremila consiglieri comunali donna nell'ultima tornata elettorale. Un ottimo risultato che fa ben sperare. Alla neosindaca da parte nostra un grande in bocca al lupo e i migliori auguri di buon lavoro".

CARRIERA
- La Mansouri, 33 anni, non è nuova alla politica. Figlia dell'ex Pasha di Marrakech, con un ex ambasciatore in famiglia, ha studiato in Francia. Pur essendo legata al "partito dell'Autenticità e modernità" (Pam), creato nel 2008 da Fuad Ali El Himma e molto vicino al sovrano marocchino Mohammed VI, è stata eletta anche con i voti del partito islamico di "Giustizia e sviluppo". L'elezione del primo sindaco donna in Marocco è da considerarsi come una vittoria del "partito dell'Autenticità e modernità". Il risultato, infatti, è l'esito di una lunga trattativa con gli altri partiti ai quali è stato assicurato l'appoggio per l'elezione di altri sindaci, come ad esempio quello di Casablanca. L'elezione del primo sindaco donna in Marocco rientra all'interno di un lungo lavoro avviato dal re Muhammad VI per consentire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica ed è stata preceduta dalla nomina di una donna alla carica di prefetto di Casablanca. Alle elezioni comunali del 12 giugno, il Pam si è aggiudicato 6.015 seggi su un totale di 27.795, superando con il 21,7 per cento dei voti l'Istiqlal, il partito del primo ministro Abbas El Fassi.

 
USA: Obama nomina una donna alla Corte Suprema Stampa E-mail

E' l'ispanica Sonia Sotomayor. Dall'America un ulteriore segnale di innovazione e modernità, mentre in Italia, in piena decadenza, si continua a parlare di starlette e minorenni.

 

 

WASHINGTON (USA) - Il Presidente americano, Barack Obama, ha nominato Sonia Sotomayor, attuale giudice di corte di appello federale, come nuovo giudice della Corte suprema al posto del dimissionario David Souter. Sotomayor, 54 anni, sarà il primo giudice di origine latina a prestare servizio presso la Corte suprema, qualora la sua nomina venisse ratificata dal Senato.Obama ha spiegato di aver cercato per l'incarico un giudice con la consapevolezza dei limiti del proprio ruolo, ma anche con "esperienza di vita", non solo conoscenza delle leggi.

Sonia Sotomayor è "una donna che ispira, e che sarà un grande giudice della Corte Suprema", ha affermato il presidente. Oltre alle doti giuridiche, il presidente ha sottolineato la biografia della Sotomayor, la sua infanzia nelle case popolari del Bronx, il fatto di essere stata cresciuta da una madre vedova che è riuscita a farle frequentare le migliori università. Orfana di padre da quando aveva 9 anni, l'infanzia passata nelle case popolari del Bronx con il sostegno agli studi perseguito dalla madre - "eravamo gli unici bambini ad avere l'Enciclopedia britannica a casa", ricorda - è un esempio di success story per tutte le minoranze etniche. E un vero mastino in aula, dicono i suoi colleghi. Parla spesso dei tribunali come di "ultimo rifugio degli oppressi" e si autodefinisce come una "pragmatica con i piedi per terra". Divorziata, senza figli, è considerata per opinione comune una grande appassionata del suo lavoro. Ma anche molto intransigente e poco incline al compromesso.

E proprio la sua storia e il suo radicamento nel sociale hanno fatto pendere la bilancia della scelta di Obama verso di lei. Lo ha detto lo stesso presidente presentandola: "Non ha mai dimenticato da dove proviene", dotata di professionalità ma anche di "esperienza di vita" e sarà una donna capace di "ispirare", un modello insomma. Proprio come lo è il presidente.

SONIA - Sonya Sotomayor è una giurista che si è fatta da sè. Di origine portoricana, è nata e cresciuta nelle case popolari del Bronx e ha dato la scalata alla magistratura passando per la leggendaria scuola di legge di Yale, dove si sono laureati anche l'ex presidente Bill Clinton e sua moglie e attuale Segretario di Stato Hillary Clinton. La Sotomayor è la terza donna mai nominata alla Corte Suprema e, come detto, potrebbe essere il primo giudice di origine ispanica nella sua storia, una volta superato lo scoglio dell'esame del Senato. La Sotomayor era stata nominata nel 1991 dal presidente repubblicano George H.W. Bush alla corte federale del distretto sud di New York. Il presidente Clinton l'aveva promossa alla Corte d'appello.


I giudici donna
La professione di magistrato ai massimi livelli è diventata appannaggio delle donne solo in tempi recenti, come dimostrano le statistiche. Sono oltre 200 le donne giudice tra corti distrettuali e corti d’ appello federali, circa un quarto del totale, e oltre cento sono quelle designate nelle massime corti statali, mentre circa un terzo dei chief justice statali sono donne. In una paese in cui 1,2 milioni di persone esercitano la professione legale, circa il 45% degli associati di studio sono legali donne, e il 18% soci. Così come sono donne un quinto dei rettori delle facoltà di legge.

 
KUWAIT: 4 LE DONNE IN PARLAMENTO Stampa E-mail

Solo nel 2005 avevano conquistato il diritto di voto. Oggi sono 4 le donne neoelette al Parlamento kuwaitiano.

Con una spallata alle forze più conservatrici del paese, i kuwaitiani chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento hanno scritto una rivoluzionaria pagina di storia eleggendo, quattro donne.

Per la prima volta quattro donne hanno conquistato altrettanti seggi nel parlamento del Kuwait. Le donne hanno ottenuto il diritto di voto e di candidarsi nel 2005 ma sia nelle elezioni del 2006 che in quelle del 2008 non era mai accaduto che una donna fosse eletta. Nelle ultime elezioni, c'erano 16 donne tra i 210 candidati ai 50 posti al parlamento. A conquistare i seggi sono state le due candidate liberali Aseel Awadhi and Rola Dashti, entrambe hanno studiato negli Usa. L'ex ministro della salute Massouma al-Mubarak, che è stata il primo ministro donna nel 2005, e un'altra candidata Salwa al-Jassar, avranno un posto nel nuovo parlamento del Kuwait.

Dal voto è emersa anche un’importante perdita di consenso dei fondamentalisti musulmani, che sono passati da 24 seggi ai 16 attuali. Il Kuwait non riconosce ufficialmente i partiti. I candidati possono essere indipendenti, appartenere a gruppi o rappresentare semplicemente le loro tribù. I kuwaitiani alle urne hanno detto di essere stanchi delle contese fra deputati e membri dell’esecutivo, che hanno portato a tre elezioni e addirittura cinque governi in tre anni. Le crisi politiche hanno di fatto congelato lo sviluppo nel ricchissimo paese petrolifero in un momento in cui si trova ad affrontare la pesante congiuntura economica globale e sono crollati i proventi delle vendite dell’oro nero, che rappresentano il 90% delle entrate del Paese arabo.

LA SITUAZIONE - Nell’emirato conservatore, fra le rarissime democrazie del Golfo, il Parlamento conta 50 seggi, il trono è ereditario e il sovrano nomina il primo ministro. Sempre l’Emiro decide quando sciogliere la Camera. I risultati ufficiali delle consultazioni di sabato sono stati annunciati dalla magistratura ai microfoni della tv di Stato. Il Kuwait guida la regione nella lunga marcia della conquista per i diritti politici del popolo. Diversi osservatori, però, sostengono che la stabilità e l’economia abbiano molto risentito di un ruolo eccessivamente forte del parlamento, che l’ha portato a frequenti scontri con i ministeri del governo che sono ancora selezionati e governati dalla famiglia reale. Il voto di sabato è risultato da uno di questi conflitti, che ha portato l’emiro a sciogliere il parlamento e convocare le elezioni, per la seconda volta in un anno.

19 maggio 2009

 
Solidarietà alle donne afgane: sit in a Roma mercoledì 6 maggio Stampa E-mail

La legge schiavista che si vuole approvare in Afganistan – che chiamano nuovo diritto di famiglia- prevede l’obbligatorietà per la moglie di ogni atto sessuale richiesto dal marito, trasformando la libera sessualità coniugale in stupro; obbliga le donne a non opporre resistenza; vieta loro di uscire di casa, cercare lavoro, frequentare la scuola, né possono andare dal medico senza il permesso del marito; affida la custodia dei figli esclusivamente a padri e nonni.
I diritti delle donne sono diritti umani (ONU) e per affermarli troppe donne afgane sono state uccise negli ultimi anni. Quelle che nei giorni scorsi hanno manifestato contro questa legge sono state prese a sassate!

 

Non dobbiamo lasciarle sole.

Mercoledì 6 maggio 2009 dalle 17 alle 19, davanti all’Ambasciata dell’Afganistan,

Via Nomentana 120 Roma

 
Per chiedere al Presidente Karzai e al Parlamento afgano che la vita, la libertà, il corpo delle donne non siano mai oggetto di trattativa –aperta o sotterranea- sia con i talebani che con le istituzioni locali

Per chiedere che l’Italia, che sostiene anche con i propri  soldati il Governo  afgano, faccia sentire la sua voce e, tenendo conto anche della risoluzione approvata a maggioranza dal Parlamento Europeo il 24/04/09 sui diritti delle donne afgane, si adoperi perché la legge non sia solo bloccata, ma RITIRATA.

Per sottolineare che senza la presenza attiva delle donne il Governo attuale sarà sempre debole e a rischio di fondamentalismo.

Per ricordare la ferocia dell’occupazione talebana basata sulla schiavitù totale delle donne alle quali l’ unico protagonismo concesso è quello di essere Kamikaze!   

Durante il sit-in una delegazione porterà queste richieste all’Ambasciatore dell’Afganistan perché le inoltri al Presidente Karzai. 


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Solidarietà alle Donne Afgane!

 Contro ogni loro sconfitta perché sarebbe anche la nostra

 

 
RU486: Affondo del Vaticano, Arcidonna no alle ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche Stampa E-mail

Ancora una volta il Vaticano condanna la pillola abortiva Ru486. «Non è un farmaco innocente per la salute delle donne»,ha detto il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, il cardinale Javier Lozano Barragan.

Cosa significa avere un figlio fuori dal matrimonio e tutte le difficoltà in cui si possono trovare le persone in questi casi: è un dramma, ma c'è anche una gerarchia dei drammi e il dramma peggiore e più grande è la morte, tanto più se inflitta ad una persona innocente come un figlio che deve nascere». Per il cardinale abortire vuol dire «togliere la vita una persona innocente, l'embrione è un essere umano con tutti i diritti».

Occorre considerare gli innumerevoli casi in cui una donna è incinta contrariamente alla sua volontà – dichiara valeria Ajovalasit, Presidente nazionale di Arcidonna – come per esempio i casi di violenza sessuale che invadono le cronache di tutto il mondo. La libertà di scelta è un diritto in ogni paese democratico. Ostacolare e/o impedire la scelta drammatica di una donna, tanto più se vittima di violenza, è anch’essa una violenza. In uno stato laico e democratico – contnua la presidente - nessuna dottrina può essere imposta per legge.

 
LEGGE 40: STOP DELLA CONSULTA, ARCIDONNA LEGGE DA RIVEDERE Stampa E-mail

La Corte Costituzionale boccia la legge 40 sulla fecondazione assistita. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, della norma, nel punto in cui prevede che ci sia un "unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre" di embrioni. Viola la Costituzione anche il comma 3 dello stesso articolo, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. La Corte, infine, ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, inerente l'irrevocabilità del consenso della donna, e dei commi 1 e 4.

"La sentenza della Consulta che dichiara illegittime alcune norme della legge 40 sulla fecondazione assistita - sottolinea Fini in una nota - rende giustizia alle donne italiane, specie in relazione alla legislazione di tanti Paesi europei. Fermo restando che occorrerà leggere le motivazioni della corte, mi sembra fin d'ora evidente - aggiunge il presidente della Camera - che quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni".

La sentenza della Corte riporta un po' di ragionevolezza nella legge 40, impedendo l'obbligo di produrre non più di tre embrioni e di impiantarli tutti insieme nella donna a prescindere dalla sua condizioni di salute e dalla sua età", dice Anna Finocchiaro, Presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama. "Penso aggiunge la Finocchiaro - che da questo momento in poi sia necessario un ripensamento anche sul modo di legiferare su questi temi compreso il testamento biologico".

"La legge 40 va rivista – dichiara Valeria Ajovalasit, Presidente nazionale Arcidonna – non solo alla luce di questa sentenza che pure apprezziamo. Questa legge è troppo lontana dalle vere esigenze delle coppie infertili, per questo è utile che si riapra confrontro con gli attori principali tra società scientifiche, istituzioni e associazioni di pazienti per trovare un percorso nuovo e condiviso, anche sul tema del testamento biologico, in uno stato che, come dice giustamente il Presidente Fini, è laico."

 
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