Cuffaro lascia. Arcidonna: "Apprezziamo il gesto, ma ora in Sicilia si cambi rotta" Stampa
La presidente Valeria Ajovalasit sulle dimissioni del presidente della Regione

«Apprezziamo la decisione presa oggi da Salvatore Cuffaro di dimettersi dalla carica di presidente della Regione. Un atto dovuto per rispetto dei siciliani e delle siciliane». Lo dice la presidente nazionale di Arcidonna, Valeria Ajovalasit. «Non voglio entrare nel merito del travaglio umano di Cuffaro, che va rispettato - aggiunge - Ma per la evipolitica siciliana si apre oggi una pagina importante. Da oggi sarà necessario costruire un progetto di rilancio economico e sociale per l'Isola, nel quale si dovrà tenere conto della pressione civile esercitata in questi giorni da una parte consistente della società: associazioni, giovani, studenti e studentesse, ossia le fasce ad oggi più bistrattate dalla politica».

Ecco il testo della lettera scritta dalla presidente di Arcidonna, Valeria Ajovalasit, all'indomani della sentenza di condanna dell'ormai ex presidente della Regione, Salvatore Cuffaro.

Ha favorito uomini legati a Cosa nostra. Ha compromesso il lavoro di chi sta cercando di debellare la criminalità organizzata. Ha aiutato la clinica privata di Michele Aiello, che ad oggi dovrà scontare 14 anni per associazione mafiosa. Se fosse un personaggio qualunque in un qualunque paese democratico, farebbe fatica a trovare lavoro anche in un'impresa di pulizie. Qui in Sicilia, invece, Salvatore Cuffaro, detto "Totò", può tranquillamente tenersi stretta la sua poltrona di presidente della Regione e brindare allegramente ai cinque anni di carcere e all'interdizione dai pubblici uffici cui è stato condannato. Un brindisi significativamente tenutosi all'interno dell'ufficio pubblico di Palazzo d'Orleans, sede della giunta regionale. Insomma, non certo a casa sua.
E' una Sicilia ferita e deturpata quella che si è risvegliata all'indomani della condanna del presidente Cuffaro. Ferita nel suo tessuto civico, deturpata nell'immagine. Una Sicilia che ha perso ogni punto di riferimento democratico, dal momento in cui il suo più alto rappresentante istituzionale ha mostrato che la collusione con apparati criminali, la prevaricazione del potere sulla legge, il malaffare come normale prassi amministrativa sono più forti di qualsiasi sanzione morale, etica e, soprattutto, politica. Coloro che come me e come i tanti siciliani e siciliane che da tempo sono impegnati nella lotta a Cosa nostra e, più in generale, all'illegalità diffusa, siamo oggi senza parole. Viviamo con sgomento questo siparietto politico che si è aperto tra cuffariani e anticuffariani, fatto di pseudogarantismo e cavilli legali. Siamo sgomenti non tanto perché riteniamo naturale che un presidente della Regione condannato a cinque anni per un reato penale, di qualsiasi fattispecie si tratti, abbandoni immediatamente il vertice di un'istituzione pubblica, ma soprattutto per il terrificante messaggio che è arrivato ai siciliani, in particolare alle fasce più deboli: giovani e donne quotidianamente umiliati da un sistema che premia la clientela piuttosto che il merito, la furbizia piuttosto che l'impegno, la violazione delle leggi piuttosto che il loro rispetto.
Con il suo comportamento, Cuffaro ha dato una solenne benedizione al sistema di illegalità che, purtroppo, ancora vige nell'Isola. Ha riportato la regione indietro nel tempo, interrompendo quel percorso democratico faticosamente intrapreso grazie al sacrificio di tanti siciliani e siciliane. E questo, solo per attenerci al discorso etico. Perché se allargassimo il campo agli atti politici e amministrativi, la responsabilità di Cuffaro diventa doppia.
Invece di avvicinarci all'Europa, il suo governo ci ha spinto alla deriva. Nonostante i lauti finanziamenti di Bruxelles, la Sicilia continua ad essere lontana anni luce dagli obiettivi della Strategia di Lisbona: un tasso d'occupazione fermo al 44 per cento, contro il 70 per cento del parametro di Lisbona; una disoccupazione femminile superiore al 68 per cento, quando, secondo la Strategia dovrebbe essere inferiore al 40 per cento; una spesa per l'innovazione irrisoria; il 32 per cento del totale delle famiglie siciliane che vivono sotto la soglia di povertà; una gestione clientelare e distributiva dei fondi per la formazione. E uscendo da Lisbona, basta guardare ai deficit finanziari e ai gravi casi di malasanità che affliggono gli ospedali pubblici.
In altri luoghi dell'Occidente democratico, cui dovremmo appartenere, questa doppia responsabilità comprometterebbe irrimediabilmente la carriera di un politico. Vorrei ricordare, a tal proposito, che in Belgio i titolari dei ministeri della Giustizia, Stefaan de Clerq, e degli Interni, Vande Lanotte, sono stati costretti alle dimissioni a seguito della fuga dal carcere di un pericoloso criminale. La ministra del Commercio svedese si è dimessa dopo aver ammesso di non aver pagato il canone tv e i contributi per i collaboratori domestici. Questa è l'Europa del nuovo millennio. Tutt'altra cosa è la Sicilia che il presidente Cuffaro sta lasciando in eredità alle nuove generazioni.
Valeria Ajovalasit

26 gennaio 2008