Violenza sulle donne Stampa

Siamo pronte ad aprire subito un confronto serio con il Governo sul fenomeno della violenza, dichiara Valeria Ajovalasit  In questi giorni in cui la cronaca ha portato alla ribalta il problema della violenza di genere, politica e media si sono visti costretti ad affrontare la questione. E come ci si poteva aspettare, lo hanno fatto quasi sempre con argomenti e conclusioni fuorvianti.
C’è chi ha chiesto più sicurezza sulle strade, avvallando norme che introducano ronde e altre forme autorganizzate di vigilanza sul territorio. Dimenticando, però, che nel frattempo (e in silenzio) il governo ha ridotto i finanziamenti alle forze dell’ordine.
C’è chi ha sbandierato l’emergenza immigrazione, facendola coincidere con la più generale emergenza sicurezza. Ignorando, in questo caso, che la stragrande maggioranza delle violenze sulle donne avvengono nelle famiglie. Italiane.


E proprio qui sta l’origine del problema, che è specificatamente culturale e di genere. In altre parole, se le donne continuano a morire sotto il proprio tetto è perché c’è un “maschio” che continua a farsi portatore di una “cultura” retrograda, che continua a considerare il corpo femminile come “una funzione sessuale”.
Una cultura che, complici anche i media, si radica nella nostra società già a partire dalle fasce più giovani, come dimostrano i fatti di violenza compiuti da ragazzini e, a volte, persino da bambini.
Per questo, se si vuole affrontare il problema bisogna elaborare programmi e azioni che vadano ad intaccare questo nodo culturale. Certo, contro stupri e maltrattamenti occorre agire subito anche sul piano delle leggi e della certezza della pena. Ma, essendola sua natura prettamente culturale, c’è bisogno soprattutto di un lavoro di sensibilizzazione, formazione e informazione rivolto tanto alle ragazze, quanto ai ragazzi (e soprattutto a loro). Un lavoro compiuto a partire dalle scuole, da quei luoghi dove si può e si deve arrestare la riproduzione sociale e culturale delle violenze di genere.